Occhio non vede, pancia non duole. Sui campi di concentramento animali regna il menefreghismo

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Bueno Buono Good supporta il lavoro svolto dalle associazioni animaliste LAV e PETA contro il maltrattamento degli animali e si impegna nella divulgazione di questo articolo per rendere consapevole l’opinione pubblica dell’agghiacciante realtà che c’è dietro un piatto di carne, un petto di pollo o due uova al tegamino.

Nonostante esistano associazioni di allevatori con marchio biologico, il 90% degli allevamenti di bestiame a livello mondiale funzionano come dei campi di concentramento nazisti.

Oggigiorno l’allevamento di animali ha il solo scopo di sfruttare al massimo un animale (una mucca da latte vive circa 7 anni, invece di 40…) e ucciderlo per alimentare la popolazione mondiale.

Senza considerare la dignità animale al pari di quella umana.

Senza considerare lo spreco di alimenti e la quantità di carne butatta via ogni giorno dai supermercati della grande distribuzione.

Senza considerare il fatto che i nutrienti animali possono essere sostituiti da quelli vegetali, senza determinare alcun problema di salute per l’essere umano.

Anche se piace la carne, bisogna essere coscienti di come arriva sul nostro piatto e di quali procedimenti vengono adottati da allevatori e macellai. Perché ci sono altri modi di allevare gli animali.

Il video che segue è abbastanza triste e contiene immagini forti.

In seguito ad una breve chiacchierata con un amico e visto che l’ignoranza sul tema è parecchio diffusa, vi spiego come dovete scegliere le uova:

Ogni uovo è marchiato con un numero (a parte quelle uova che comprate direttamente dal contadino, le migliori, a patto che si conosca a fondo cosa viene dato da mangiare alle galline e come vivono, ndr) e la prima cifra, 0, 1, 2 o 3, è la più importante: ci dice com’è stata allevata la gallina che ha partorito quell’uovo. Esistono 4 tipi di allevamento ai quali corrispondono 4 numeri, dallo 0 al 3.

Il numero 3 definisce la peggiore forma di allevamento, l’allevamento in batteria: le galline vivono per tutta uovo-articolola loro vita in gabbie della dimensione di una scatola di scarpe, senza vedere mai la luce del sole e da quando sono ancora pulcini vengono imbottiti di antibiotici.

Il numero 2 significa “allevamento a terra”: l’unica differenza con l’allevamento in gabbia è che le galline sono stivate tutte in gruppo in un unico capannone privo di finestre. Sul pavimento è sparsa paglia, sabbia e mangime. Due grossi problemi si riscontrano in questo tipo di allevamento: una concentrazione di vapori d’ammoniaca e la violenza tra galline che, costrette a vivere in 7/8 per metro quadrato durante tutta la loro vita, finiscono per diventare pazze e beccarsi tra di loro. Gli allevatori oggi risolvono questo problema mozzandogli il becco quando sono ancora pulcini.

Il numero 1 significa “allevamento ruspante”: le galline possono uscire dal capannone (a discrezione dell’allevatore…).

Il numero 0, infine, corrisponde all’allevamento biologico: le galline vivono all’aperto, sono vietati antibiotici ed addittivi ed il mangime è biologico.

Gli allevamenti biologici sono i meno diffusi a livello mondiale per un semplice motivo: i costi. I costi di mantenimento sono più alti, perché bisogna avere a disposizione terreni più grandi, produrre o comprare  mangime d’alta qualità e perché le galline, senza antibiotici ed addittivi, possono anche ammalarsi e morire, come qualsiasi altro essere vivente normale.

Tutti si dimenticano che le uova provengono da un parto e che la gallina è un essere vivente. Tutto quello che capita alla gallina viene direttamente trasferito alle uova. Se la gallina mangia mangimi animali PAT (riammessi dall’UE con il Regolamento 56/2013), anche noi li mangiamo; se vive come un recluso di Guantanamo, tutto lo stress si riversa nelle uova e questo significa che ci mangiamo il peggio del peggio.

Quindi, un consiglio, al di là del packaging, creato per ingannarvi con diciture tipo “da galline libere” o simili, aprite la confezione e leggete il marchio stampato sulle uova.


Ricordatevi che il discorso fatto per le galline vale per tutti gli animali d’allevamento. Guardatevi questi tredici minuti di documentario e dopo sappiatemi dire se anche voi siete d’accordo con Paul McCartney, portavoce della campagna”Glass Walls” della Peta: se i macelli avessero delle pareti fatte di vetro, tutti diventeremmo vegetariani.

Come si sa, occhio non vede, cuore non duole. E neanche la pancia. Buon appetito.

Matteo Vitiello

http://www.meat.org/

http://www.cambiamenu.it/primi-passi-veg