Olimpiadi Londra 2012. Gli atleti dovrebbero lottare per i diritti civili

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Sono l’esempio da seguire. Ogni buona madre e buon padre vuole o ha voluto che i propri figli praticassero uno sport. Perché è sano, perché fa bene, perché ti allontana dalle cattive compagnie e ti rende miglior persona. Vero. Lo sport è bellissimo e fa bene alla salute.

Un atleta è, per etimologia, un lottatore, un guerriero. La vita dagli occhi di un’atleta è una sfida quotidiana, un miglioramento costante e continuo delle proprie qualità, l’elevazione alla massima potenza della filosofia dello stare bene con se stessi, con gli altri e con l’ambiente che ci accoglie tutti. Un atleta è un filosofo della salute, uno stakanovista del lavoro, un esempio a seguire, certo.

L’atleta è però, innanzitutto, una persona. È un uomo o una donna che gode di diritti e che deve far fronte ai propri doveri ed alle proprie responsabilità sociali e civili di cittadino del mondo. Chiudersi nel mondo dello sport dimenticandosi di cosa succede fuori dallo stadio, dal campo, dalla piscina o dal palazzetto, non dovrebbe essere più tollerato oggigiorno, a maggior ragione quando sei un atleta olimpico, portabandiera di una nazione.

Come tutti gli altri uomini e tutte le altre donne di questo mondo, i “lottatori” di Londra 2012 dovrebbero farsi portavoce della rivendicazione dei diritti calpestati dai governi e dal sistema bancario internazionale, approfittando del palcoscenico cerimoniale del circo olimpico, per diffondere un messaggio di pace, amore e rivoluzione. Ci vogliono le palle per fare questo, ovvio, come tutte le cose importanti nella vita ma, prima di tutto, sarebbe necessaria l’intenzione da parte dei giovani corridori, nuotatori e ginnasti e non penso (beninteso, non me ne vogliano quast’ultimi, né amici, parenti e tifosi ndr) che a questi piccoli atleti, con un’età media di 20 anni o poco più, sia passato per la testa d’intraprendere un’azione di questo tipo, di fermarsi in mezzo allo stadio e di parlare chiaro alla regina e a tutti, d’organizzarsi e di dimostrare qual è lo stato l’animo dei popoli del mondo, di dire “così non va bene!”.

Capire che potrebbero farsi portavoce del malcontento e della rabbia di tutte le persone sveglie e risvegliatesi dal loro torpore consumista dalle mazzate tirategli tra capo e collo dal sistema finanziario e politico mondiale, sarebbe indispensabile oggi, considerato che abbiamo potuto constatare tutti dove è andato a parare quello che è stato spacciato come il “sistema del benessere” e cosa nasconde in verità il concetto di “cooperazione internazionale”.

Prendetelo come uno sfogo personale, come la cosa che volevo dire e scrivere e che molti altri pensano, continuate a tifare per la vostra nazione ed i vostri paladini e poi a lamentarvi della crisi nella pausa pubblicitaria davanti alla tv, va bene, così è stato per tanti decenni e così continueremo. Loro, gli atleti, intanto, si limiteranno a correre, a giocare e gareggiare per la regina, per la propria nazione e per la propria famiglia e non diamogli la colpa di non essere coscienti che lo sport potrebbe andare ben oltre le sfide agonistiche ed aiutare a veicolare il messaggio della necessità di cambiare drasticamente il sistema politico e sociale mondiale.

Non gliene faccio una colpa, non fraintendetemi, però gli manca questo senso di responsabilità che oggi è, oltre che necessaria, fondamentale. Sarebbe ora che qualcuno di loro facesse qualcosa che smontasse il siparietto sportivo che nasconde gli abusi ed i soprusi politici ed economici internazionali. Boicottare la manifestazione sportiva nel suo complesso sarebbe il massimo, una dimostrazione ai “potenti” che noi siamo poi così pecoroni da panem et circenses e che gli atleti non sono solo bravi e buoni coniglietti che girano nella ruota o porcellini d’india del sistema, che lottano tra di loro per gonfiare gli animi dei tifosi d’entusiasmo patriottico e foderare con buone fette di prosciutto york gli occhi degli spettatori… mentre 3/4 del mondo sta piangendo dai crampi della fame.

Lasciamo stare il discorso dei costi, dei 40 milioni d’euro spesi finora per fuochi d’artificio, fumi e raggi laser e dell’arsenale militare dispiegato tutt’intorno Londra, quasi più consistente dell’armamento bellico che il Regno Unito avevo utilizzato durante la Seconda guerra mondiale. Ma sì, sono soldi ben spesi, no? E poi, per quanto riguarda le armi, i lanciarazzi ed i cecchini sono là solo per una questione di sicurezza, la nostra sicurezza.

Dio salvi la regina, così simpatica da fare anche la parte di una bond-girl, che bello, che divertente.

Matteo Vitiello

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